Mi ricordo ancora perfettamente quel giorno, come se fosse oggi, invece sono passati ormai sette lunghissimi anni.
Una parte di me aveva sempre sperato arrivasse, ma un’altra avrebbe preferito rimanere lì, ai margini del mondo a guardare la vita cambiare e pian piano spegnersi.
La mia vita prima di allora non era certo stata un granché e anzi preferisco non ricordarla nei dettagli per non rammentarmi di non aver mai vissuto appieno la mia infanzia e adolescenza.
Nulla fuori dagli schemi nei ventuno anni precedenti quel fatidico giorno: poco alcool, niente fumo e soprattutto droghe, sempre nei limiti di quello che mi era stato inculcato essere la retta via.
Se poi vi aggiungiamo che ero impacciato, timido e sempre deriso e mal sopportato dai coetanei, dovreste ormai esservi fatti una idea precisa di come dovevo essere.
Una vita piatta, dove gli stessi professori a scuola non facevano altro che dire ai miei genitori che potevo fare molto di più, ma veramente tanto, solo che non volevo, non ne avevo la volontà .
In realtà io avevo questa consapevolezza di poter essere molto più in gamba, ma non volevo esserlo, troppa fatica e stress regger il confronto con un mondo così competitivo e aggressivo, meglio ritagliarsi un angolino tranquillo e via…
Quella sera però tutto cambiò, non certo per mio volere, ma perché a volte il destino è beffardo e tu puoi fare tutto per cercare di sfuggirgli, ma sai perfettamente che prima o poi verrà a prenderti.
Fu proprio quella sera che venne a batter cassa, mentre ero al pub con i miei amici di 15 – 16 anni, gli unici che ancora un po’ mi sopportavano, forse perché ero l’unico ad avere la macchina e a loro piaceva farsi scarrozzare, oppure perché erano ancora troppo ragazzi per rendersi conto del guscio vuoto che si stavano portando dietro.
Ero lì che stavo sorseggiando il mio classico coca-rum quando mi sentii chiamare.