Perché continuo a giocherellare con questa dannata chiave identificativa?
Potrei distrarmi in maniera diversa, andando fuori a fare due passi, andando a vedere il ragazzo di persona, leggendo i rapporti dalle varie sezioni…
“Mi scusi tenente. Il generale al telefono per lei.”
Ecco, finalmente mi posso distrarre un po’ e non pensare al maggiore e agli altri sigillati nella struttura da ormai più di 20 ore.
“Salve generale… Si, sono il Tenente Corvini… Purtroppo non so cosa dirle di più di quello che può aver letto nel mio rapporto… Generale, mi creda abbiamo fatto il possibile con il poco organico di questi ultimi periodi… Pensavamo di aver raggiunto un buon livello di sicurezza dopo la purga seguita al maggiore Baldini… Bene, intensificheremo i controlli sulle persone in posizioni chiave, ma ci serve più personale… Militari Italiani per aiutarci a sorvegliare il centro e i primi livelli della grotta? Il maggiore Testoni sono sicuro sia contrario… Preferisco aspettare il termine che mi ha dato il maggiore… Si, dalla struttura ancora nulla e sono in ansia pensando che ho un codice nero fra le mani… La ringrazio della comprensione signore.”
Quasi lo dimenticavo…
Ormai la mia degenza era quasi alla fine, dopo soltanto neanche 30 ore, quando mi arrivò l’unica visita.
Quando si aprì la porta pensavo fosse uno dei dottori che veniva a controllarmi, a farmi qualche esame o fosse l’ennesima inutile comunicazione informativa perché i sistemi informativi erano ancora da sistemare, invece era lui, l’unica persona che non mi sarei mai aspettato di vedere proprio lì.
Il suo solito impermeabile beige stile Colombo e il pacco di libri, cartelle e documenti sotto il braccio sinistro.
Nella mia testa ormai quel suo abbigliamento e modo è diventato una vera e propria icona.
Il professor Sgarzi, il mio insegnante e responsabile di tutte le ricerche in merito alla fisica del centro, mi era venuto a trovare.
“Allora ragazzo mio, non ci presentiamo più alle lezioni?”
Solo il pensare a quelle lezioni e digressioni seguenti, mi fa tornare la tranquillità e anche un pizzico di gioia.
Strano, ma quella persona con i suoi modi un po’ eccentrici, anacronistici e assurdi risultava veramente simpatica e non riuscivo mai a capire come mai fosse quasi sempre da solo a pranzo, cena o in giro per il centro.
“Cosa vuole che le dica prof… Mi hanno obbligato a stare qui sotto sedativi, fosse stato per me sarei venuto, ma che ci posso fare, loro sono dottori.”
“Quante volte in questi mesi ti ho detto di non chiamarmi prof…”
Proprio in quel momento uno dei suoi classici colpi mi raggiunse la guancia, nulla di doloroso, solo un semplice schiaffo puramente goliardico.
“…Bene allora visto che ormai son qui e che ti manca solo qualche settimana per finire il tuo corso forse è il caso di non perdere altro tempo e passare a imparare dell’altro. Che ne dici di un po’ di relatività estesa?”
“Ma non saprei, forse i dottori…”
“Non ti preoccupare dei dottori, quelli li convinco io a farmi rimanere.”
“Ma io intendevo…”
“Dai su, non brontolare che siamo già in ritardo! Allora…”
Come potevo obbiettare, impossibile.
Quella lezione fu un vero e proprio toccasana, strano ma vero, mi fece rilassare la mente distogliendola un po’ da quello che era capitato la notte prima.
Ma cosa era capitato esattamente la notte prima?
Quello mi attanagliava assieme alla preoccupazione per le persone che non avevo ancora incontrato e le voci che passavano di bocca in bocca all’interno del centro.
“Maggiore, abbiamo terminato il controllo interno di tutti i sistemi.”
“Meno di 35 ore. I miei complimenti a lei dottor Gervasi e a tutti gli uomini. Faccia pure rapporto.”