“Cosa poso servirle?”
Bella domanda, soprattutto perché mi fu rivolta in inglese che lì era la lingua usata per venire in contro a tutti i partecipanti coinvolti nel torneo.
Cosa mai potevo prendere?
In fine dei conti era la serata di gala prima dell’inizio del torneo, non potevo prendere un semplice coca rum.
“Tre parti di gin, una di vodka, mezza di vermouth, una scorza di limone e un’oliva. Agitato e non mescolato. Grazie.”
Quella richiesta fatta da un signore non più tanto giovane ma in forma e ben distinto mi aveva incuriosito, forse per la sicurezza e la sofisticatezza della richiesta o per il fatto che ci avevo capito ben poco di quello che aveva chiesto.
“Una anche per me. Grazie.”
“Ottima scelta ragazzo.”
Mi disse l’uomo dandomi una pacca sulla spalla prima di sparire inghiottito dal resto della folla.
Rimasi lì a rimirare il bicchiere di quello che avevo ordinato senza capire cosa fosse di preciso e quando mi decisi a provare fui interrotto da Fulvio.
“Marco, ma qui è un paradiso. Alcolici gratis e belle ragazze a non finire. Io vengo a vivere qui.”
“Fulvio, non farti strane idee, è solo una festa e più della metà delle donne che sono qui sono sicuramente pagate per fare le simpatiche e tenere compagnia a noi.”
“Quando fai così sei proprio insopportabile.”
Sorridendo beffardamente e voltandomi verso la folla mi portai istintivamente alla bocca il cocktail e lo butti giù senza pensare.
Quello che successe dopo poteva essere tratto tranquillamente da una scena delle comiche in bianco e nero.
Quel gusto mi irritò le narici e starnutii vigorosamente tutto il cocktail ovviamente addosso all’omone più grande e grosso che potesse esserci in una distanza di 5 metri da me.
Beato Murphy, lui si che aveva capito tutto dalla vita.
Quello che ne seguì fu una vera escalation di tensione partita con scuse, spiegazioni, scuse e culminata con una frase del caporale Buonamici sopraggiunto il più rapidamente possibile.
“Qualche problema?”
L’omone e i suoi due amici, che si erano avvicinati minacciosi, sembravano aver cambiato idea e iniziarono a calmarsi.
“No, non c’è nessun problema. Solo una cosa ragazzino, spero per te che tu non sia venuto qui per combattere, perché se è così, prega di non incontrarmi.”
Detta questa frase in tono estremamente minaccioso girò i tacchi e se ne andò per la sua strada.
Io ero rimasto tutto sommato calmo, non aveva senso battersi per così poco e un pugno lo avrei anche incassato senza problemi pur di farlo sbollire.
Voltandomi verso il caporale vidi una donna sulla trentina che mi osservava pensierosa, non era bella come le altre della festa, ma un bel tipo, all’incrocio degli sguardi si girò di scatto e via in mezzo alla folla.
“Stai attento Marco, non metterti in mostra, non ne vale la pena.”
“Lo so caporale, infatti non volevo combattere.”
Dopo qualche minuto che ci eravamo tolti gli occhi di molti da dosso una voce dirompente prese il posto della musica di sottofondo.
“Salve e benvenuti a tutti. Io sono il padrone di casa, Ernesto la Vila. Spero che tutto questo vi sia piaciuto, perché domani mattina presto non ci si divertirà più, si farà sul serio. Sono qui per spiegare alcune regole dei combattimenti di domani. Tutti scontri ad eliminazione diretta per i 32 combattenti. Il primo e il secondo giorno 2 combattimenti al dì e l’ultimo la finale. La regola è semplice, non ci sono regole e si viene eliminati solo se si esce dal campo di combattimento, ci si ritira si sviene o si muore. In bocca al lupo a tutti. Ora andate a letto e riposate. Domani mattina vi verranno portate le indicazioni di dove andare a combattere direttamente in camera.”
Un freddo brivido precorse la mia schiena.
“Molto rassicurante come discorso.”
Esclamò ironicamente Fulvio verso di me.