XX

Solo ora mi rendo conto di quello che ho realmente fatto e sono contenta di aver preso questa decisione.
E dire che tutto era iniziato come un normale concepimento tra coppie sposate, la mia compagna mi aveva chiesto se avessi voluto avere io nostra figlia, lei la desiderava da sempre ma il suo lavoro non le rilasciava il permesso di maternità, così decisi che era giunto il momento di ricambiarle tutto l’amore che lei mi aveva sempre dato in questi lunghi e bellissimi anni.
Così prendemmo appuntamento alla clinica della fertilità per il mese successivo.
Tutto era andato benissimo, avevano preso alcuni miei ovuli e alcuni suoi ovuli e poi li avevano incrociati per selezionare il miglio risultato possibile disponibile tra i nostri geni.
Alla fine mi fu inserito nell’utero l’embrione che sembrava il miglior compromesso genetico possibile per salute, intelligenza e caratteristiche fisiche.
Era piccolo, così piccolo che non si vedeva, ma io lo sentivo già all’interno del mio corpo che cresceva lentamente di secondo in secondo, di minuto in minuto.
Che bella sensazione.
Il mio corpo stava cambiando e lo capivo non solo dalle nausee mattutine o da una maggiore sensibilità del mio seno, ma anche da nuove sensazioni che provato verso la gente e soprattutto verso Rebecca, la mia compagna. Quella situazione ci stava unendo come mai avrei immaginato.
la gravidanza stava andando benissimo, gli esami erano nella norma e nulla sembrava indurci a pensare cose strane come malformazioni, insufficienze fetali o altro.
Poi venne quel maledetto giorno in cui durante gli esami di routine, vicino al sesto mese, il comportamento di una vecchia ostetrica iniziò a preoccuparci.
Nel giro di qualche minuto arrivarono diverse dottoresse e anche la primaria del reparto e iniziarono a parlare fra loro confrontando i vari esami precedenti.
Nessuno ci voleva dire nulla, eravamo agitatissime, ci sentivamo crollare il mondo addosso. Cosa stava succedendo alla nostra bambina?
Arrivarono anche le giovani ostetriche che nei mesi prima mi avevano fatto gli esami e che non avevano mai riscontrato nulla di anomalo.
Rebecca non riusciva più a resistere e si mise a piangere, io invece non volevo accettare che qualcosa stesse andando male.
Alla fine la primaria del reparto venne a parlarci e ci spiegò che il feto aveva delle gravi deficienze e che sarebbe stato necessario anche per la mia salvaguardia terminare lì la gravidanza.
No, io non ci stavo volevo un altro consulto, quella era la figlia mia e di Rebecca, così provammo ad andarcene ma fummo fermate dalla sicurezza che aveva avuto l’ordine di fermarci.
Arrivò una giovane ostetrica a parlare con la sicurezza che ci lasciò nelle sue mani, io ero arrabbiata come non mai e l’aggredii subito verbalmente.
Lei non disse se non un semplice “Vostra figlia non ha nulla, sta benissimo, solo che non è una figlia ma un figlio.”
Sul momento non capimmo, ma poi mi tornarono alla mente i racconti che sentivo da piccola da mia bisnonna quando mi parlava dei maschi.
Io non avevo mai afferrato benissimo il concetto, sebbene in molte altre specie animali fosse presente un maschio, poiché non se ne vedevano più da generazioni e sinceramente sembrava più una leggenda che altro.
Da lì però iniziò la nostra odissea, mia, di Rebecca e di nostro figlio.
L’ostetrica ci accompagno ad una uscita e ci disse di andare in un posto per incontrare persone che ci avrebbero aiutato a tenere nostro figlio.
Voi non potete immaginarvi quanto tutto questo ci sia costato, quanta fatica, quanta disperazione, quanti sacrifici, ma io non tornerei cero indietro e questo che valga anche per Rebecca, ma lo capimmo solo quando nostro figlio venne alla luce.
Nostro figlio è bellissimo!