Adesso per concludere questa pagina sul Giappone vorrei passare alle considerazioni a cui tengo di più e che ho tenuto appositamente per ultime, la società o la cultura Giapponese.
Quello che voglio dire è che non si può e forse nemmeno si deve andare in Giappone con la convinzione di essere un semplice turista all’europea.
Chi parte per il giappone a mio avviso dovrebbe partire con le dovute preparazioni culturali che rendono quel paese così diverso e indescrivibile rispetto al nostro.
Ci sono cose come la cortesia e il rispetto che vanno imparate bene, soprattutto non è usanza stringersi la mano o comunque il contatto con persone estranee o quasi e non bisogna fissarsi, perché è segno di scortesia.
Una cosa fondamentale da capire dei Giapponesi è che la cortesia e il rispetto per loro è un qualcosa di fondamentale tanto da rendere consuetudine atteggiamenti sociali che da noi verrebbero classificati come incredibili “leccate di culo”.
Il gaijin (termine spesso razzista che però tra la nuove generazioni assume un significato più neutro) non è sempre ben visto in alcuni luoghi, ma non perché i Giapponesi sono razzisti, ma solo perché hanno paura che non vengano rispettate le loro usanze, quindi documentatevi e se potete fatevi amici in loco e i giapponesi si apriranno molto di più.
A parte questo quello che ho visto del giappone è stato un qualcosa di incredibile, tradizione e modernità che riescono a sopravvivere nello stesso spazio, megalopoli concepite e strutturate per essere comunque a dimensione umana.
Il lavoro poi per i giapponesi è una vera e propria missione (anche se talvolta risulta ridondante e inefficiente), una vera realizzazione di se stessi e quindi qualsiasi lavoro, anche quello più umile, viene svolto con dedizione e umiltà pensando che giustamente il loro lavoro serve alla società e che anche loro nel loro piccolo sono importanti per tenere assieme il loro paese.
Questo lo ho capito semplicemente guardandoli mentre lavoravano e guardando il posto che ci circondava, ho avuto veramente molta difficoltà a trovare qualcosa di lasciato andare, di non curato o non seguito.
Le persone poi le ho trovate bellissime, sia gli anziani, sia gli adulti che i bambini con i loro modi, e caratteri unici.
Devo dire che guardandole e vivendo in mezzo a loro io mi sono dimenticato di essere diverso da loro, di avere caratteri somatici diversi e una cultura probabilmente opposta.
Mi sono reso conto di essere un pulcino nero solo in metropolitana a tokyo quando mi sono visto riflesso in un vetro del vagone circondato da persone che fisicamente erano diversissime da me.
In Giappone io mi sono sentito come a casa mia e sinceramente, anche se con sicuramente tanti problemi irrisolti e difficoltà culturali, a me piacerebbe proprio vivere in quel paese perché a dire il vero alcune particolarità le vorrei vedere applicate anche qui in Italia (che vedo sempre più crollare in un baratro culturale).
Seguono le riflessioni del mio amico Mazza con cui ho condiviso il viaggio.
Come consiglio pratico, va confermato il luogo comune secondo cui il giapponese medio, ragazzi compresi, non spiccicano una parola di inglese. Io so per certo che l’inglese si studia nelle scuole, tuttavia, vuoi forse per i metodi di insegnamento non appropriato, vuoi le differenze di lingua sicuramente più accentuate che per noi europei, vuoi la innata tendenza dei giapponesi a sentirsi sempre non adeguati ad affrontare le situazioni se non appositamente preparati…spesso alla frase “Do you speak English?” vedrete solo occhi pallati e cenni di diniego del capo. Se potranno, si rivolgeranno a qualcuno che lo conosce, altrimenti dovrete con ogni probabilità desistere!
Sembra assurdo per noi italiani ma, chi conosce meglio l’inglese sono le persone anziane! Perchè cominciano a viaggiare ed a impararlo una volta giunti alla pensione!
Io studio in maniera autodidatta il giapponese, vi assicuro che quel poco che so mi è servito tantissimo! Intanto, le persone sentendosi interpellate in giapponese si pongono in maniera più tranquilla perchè, quanto meno, sono un “gaijin” che si sforza di comprenderli! Non voglio dilungarmi su certi aspetti, ma comunque penso che interessarsi alla lingua giapponese permetta anche di capire meglio la cultura stessa. Infatti è insita nella lingua il concetto di cordialità e rispetto! Vi basti pensare che nella lingua giapponese non vi sono distinzione di genere e numero, cioè ad esempio non si fa distinzione tra “bello, bella, belli, belle”, ma in compenso, la frase cambia completamente in base al grado di cordialità che si vuole esprimere! Giusto per farvi capire..un po’ come dare del “tu” o del “lei” in italiano…ma elevato all’ennesima potenza!
Comunque, se non avete voglia di studiare il giapponese, almeno vi consiglio di impararvi i due alfabeti sillabici “hiragana” e “katakana”, non sono tantissimi simboli e almeno sarete in grado di pronunciare e leggere le insegne dei negozi o cose simili.
Probabilmente ve la caverete anche senza…ma io penso che mi sia servito molto!
Personalmente sono rimasto molto affascinato da questo Paese. La cosa che mi sorprende di più è la coesistenza pacifica di mondi totalmente opposti. Penso che questo aspetto sarebbe vissuto come “ipocrita” o qualcosa di simile in qualsiasi altro posto che non sia il Giappone. Tuttavia avvicinandosi alla cultura nipponica si riesce a capire come invece questi aspetti siano proprio insiti in essa.
Il mio unico rammarico è che, penso sia impossibile per qualunque “non giapponese” capire completamente la cultura nipponica…questo però non deve scoraggiare, ma rappresentare un motivo di sprono per proseguire nella sua conoscenza. Quindi, in pieno spirito giapponese dico “ganbarimasu!” (farò del mio meglio!)