“COSA DOVREI FARE IO?”
Il volto di Raffaele era attonito e perso nel vuoto della stanza del confessionale in cui era stato chiamato.
“Vorremo che tu la smettessi di parlare di politica e del sociale concentrandoti di più su quanto avviene nella casa.”
“Allora avevo capito bene, voi geni chiedete a me che parlo di problemi veri, reali e concreti di questo paese di smetterla di parlarne e di concentrarmi di più sulla totale ipocrisia degli inquilini di questa casa? Ma vi rendete conto almeno di quello che state dicendo? Voi che mandate in onda le sfuriate per una fetta da toast bruciata, l’idiota che va in giro nudo per casa e quei due ninfomani che non fanno altro che fare sesso tutto il giorno venite a dire a me che devo smetterla di parlare delle cose veramente importanti?”
“Vedi però quella è la real…”
“Realtà? Quella a voi pare realtà? Quello è uno stupro culturale perpetrato alla società di questo paese, le date il peggior cibo che si potesse, funghi allucinogeni. Lo avete mai letto il libro di Orwell da cui tutto questo trae spunto nella maniera più becera possibile? Siete solo degli ignoranti che non hanno capito una sola riga di quel testo.”
Lo sguardo di Raffaele diventava ad ogni parola sempre più sicuro, deciso e incavolato.
“Senti Raffaele adesso la devi smettere di parlarci così, perché quando sei entrato hai firmato un contratto che dice chiaramente che tu devi fare quello che…”
“Si, a voi piacerebbe che io facessi quello che volete voi, come piangere tutto il tempo per l’alluvione del po’ di qualche giorno fa, come se fossimo anche noi colpevoli e legati quella sciagura. Certo che mi dispiace, ma certo per questo non devo far finta di dispiacermene fino all’eccesso, è morta molta, troppa gente ma il problema non lo possiamo certo risolvere dall’interno di questa casa, l’errore lo ha fatto tutta la società permettendo che si creassero condizioni di incuria così elevata da creare più danni dell’alluvione stessa.”
“Se non la smetti ti dovremo espe…”
Tutto il corpo di Raffaele era sempre più arrabbiato, lo si capiva dal modo di gesticolare, dalla vena sul collo che pulsava e dal viso livido dal vigore che metteva ogni volta che sparava una atroce verità che nessuno voleva sentirsi dire soprattutto in diretta nazionale.
“E con quale accusa, forse non lo avete ancora capito, ma io non ho firmato con voi alcun contratto, andatevi a rileggere come ho firmato. Imbecilli!”
“Andate subito a contro…”
“Per questo non sarete certo voi a mandarmi via, ma io ad andarmene e lo sapete il perché? Perché la gente è più intelligente di voi e sta capendo quello che realmente vuole e lo dimostrano tutte le mie nomination, non ne ho mancata una, in cui poi sono stato salvato proprio dai telespettatori. Il pubblico non lo ha fatto certo per me o perché sono bello, ma perché dico cose che nessuno ha il coraggio di dire, dico dove si sbaglia e dove si può migliorare e per questo vengo preso per i fondelli da politici o economisti che sono ancora bellamente lì sebbene non abbiano saputo fare nulla nemmeno davanti alla più grave crisi dopo quella del 29 che ci ha investito in pieno volto. E dire che quella crisi era ben palese davanti a tutti non solo degli adetti ai lavori già da un bel po’ di tempo.”
“Hai firmato Paolino Paper…”
“Si e voi non ve ne siete nemmeno resi conto. Sapete adesso quello che vi dico a voi guru dell’innovazione televisiva prima di andarmene da qua dentro? … VAFFANCULO!!!”
All’epoca non potevo non notare quanto l’arrivo in mano mia di quei due stesti fosse stato casuale e al tempo stesso necessario, ma ora capisco che nulla di tutto quello che ho dovuto passare è mai stato casuale.
Il libro sulla via del guerriero mi stava prendendo veramente tanto, non potevo non ammirare la disciplina e l’abnegazione di quei samurai disposti a tutto pur di seguire la via che gli avrebbe dato l’onore. Certo, un’esagerazione, ma un’esagerazione ponderata, scelta e vissuta al massimo senza rimpianti. Dentro di me quella strada si stava sempre più facendo largo, mi ricordava appunto che non potevo essere una biglia impazzita come lo ero stato fino ad ora, dovevo trovare la mia strada da seguire in cui mi identificavo pienamente.
Solo due domande mi tormentavano. Come l’avrei potuta trovare? Quando l’avessi anche trovata, sarei riuscito a riconoscerla?
Per rispondere a quelle due domande però veniva in mio soccorso l’altro testo, quello su noi stessi e la nostra guida personale.
La traduzione di quei testi mi stava facendo perdere letteralmente il sonno, mi sognavo letteralmente i kanji e l’alfabeto greco, però era sempre meglio che i sogni angoscianti e molto, troppo realistici che facevo prima.
Intanto la data del mio ultimo test si avvicinava e io non vedevo l’ora di capire cosa avesse reso la prova così difficile a Fulvio.