“Avanti!”
Il suono del campanello alla porta della mia stanza non era tanto fastidioso ma in quel momento ero parecchio seccato visto che mi trovavo nel bel mezzo di una difficile traduzione di uno dei due libri.
“Sei pronto? Mi sa che è ora di andare.”
Il Tenente era venuto a prelevarmi in camera per portarmi ad affrontare finalmente l’ultima delle mie prove.
“Si… arrivo subito.”
Sul momento rimasi incerto, ero così preso dai testi che avevo perso la cognizione del tempo e di quello che avrei dovuto fare in quella giornata.
Uscito dalla stanza Mei Mei era lì ad aspettarmi con atteggiamento un po’ trattenuto.
“Ciao Marco, sono venuta per darti un in bocca al lupo per il tuo test, spero proprio che tu lo riesca a superare.”
“Crepi! E grazie per essere passata Mei, mi spiace che voi non possiate assistere. Ci vediamo tra un po’. Ciao.”
Il tragitto verso il docking mind mi permise di pensare un po’ alla prova di Fulvio e anche a come avrei potuto agire per superarla, ma ogni congettura era superflua visto che non sapevo ancora come mi sarei trovato e quali sarebbero potute essere le difficoltà.
Intanto giocavo nervosamente con il mio ciondolo regalatomi nella mia prima prova in Tibet svoltasi solo 9 mesi prima, e dire che mi sembrava passata un’eternità.
In meno tempo di quello che avevo previsto mi ritrovai pronto per la prova e seduto nel docking mind.
La connessione fu rapida e poco dolorosa, ormai mi stavo abituando a quello stupro mentale, così mi trovai totalmente immerso in quella realtà virtuale.
La scena era esattamente come nella prova di Fulvio, così mi diressi senza problemi verso il velivolo per entrarci.
Una volta sistematomi come ritenevo più opportuno, infatti l’interno non era proprio uguale a quello di velivoli che avevo provato e aveva qualche stranezza anche se però non avrei saputo dire di che tipo, sentii una forte fitta alla nuca come se la connessione si stesse intensificando e borbottai una piccola esclamazione di dolore.
“Tutto a posto?”
La voce del Dottore giungeva proprio al momento giusto, ma sicuramente avrà o sentito il mio borbottare o avrà visto le impennate dei grafici.
“A dire il vero non tanto, ho una fitta alla nuca che non accenna a diminuire.”
“Non ti preoccupare, è normale, nel giro di pochi secondi passerà. Ora la tua missione è quella di portarti sulla pista 3 e decollare, hai tutto il tempo che voi a tua disposizione.”
Non mi sentivo così limitato come sembrava essere Fulvio, così iniziai la procedura per muovermi, ma la fitta non accennava a diminuire.
Il velivolo si stava muovendo molto bene anche se i comandi non mi sembravano rispondere a dovere, sembravano fuori sincrono e anche il ritorno delle manovre sembrava in ritardo.
Arrivato davanti alla pista pronto per la partenza la fitta alla nuca era insopportabile, iniziavo a provare una strana sensazione, come se ci fosse qualcosa di strano e non mi sentivo propriamente “solo” nella mia testa.
Erano trascorsi solo pochi minuti dall’inizio della prova e stavo per dare piena potenza quando per un istante vidi un’immagine, una sensazione che non avevo certo provato, mi sentivo nel vuoto cosmico vicino ad un ammasso galattico di qualche tipo.
Subito dopo la fitta si trasformò in una vera e propria lacerazione e non riuscii a non trattenre un forte grido di dolore.
“C’è qualcosa che non quadra!”
Senza pensarci due volte spinsi la manetta della potenza al massimo tenendo forte la cloche, volevo chiudere lì quella prova e uscire da quell’inferno.
La mia vista iniziava ad annebbiarsi, e stavo ansimando pesantemente, i miei livelli di stress dovevano essere molto alti.
Ormai mancava poco, la velocità era ottimale e così tirai la cloche verso di me, il velivolo si alzò da terra senza problemi e per un attimo tutto il dolore svani nel nulla, come se non ci fosse mai stato.
Però rapidamente un brivido iniziò la sua scalata lungo la mia schiena.
Le sensazioni si moltiplicavano e soprattutto il senso di non essere solo lì dentro si faceva sempre più pressante.
“Adesso ho finito, mi fate uscire?”
Attesi una risposta per qualche secondo ma nulla, un senso di angoscia prese il sopravvento ma non fece in tempo a dire la sua che irruppe violentemente la fitta alla nuca.
Di lì a pochi secondi fui invaso da immagini e sensazioni che non mi appartenevano e che si sovrapponevano a quelle di me nella simulazione.
Il velivolo iniziò a puntare verso l’alto e il flusso aumentava a dismisura finché non sentii una voce alla mia destra.
“Benvenuto a 13.48!”
Nulla era normale, sembrava uno dei miei peggiori incubi.