“Prima tu mi hai chiesto chi me lo ha fatto fare tutto questo. Sebbene ti abbia già spiegato il perché io abbia seguito questa strada fino a trovarmi a questo punto, rischiando anche il mio personale per far valere le mie idee e i miei pensieri, con tanta gente qui in questa lunga notte di Roma che crede così tanto da seguirmi nel raggiungimento degli ideali che mi spingono, voglio raccontarti una cosa che non ho mai detto a nessuno.”
Lo sguardo di Massimo che stava ascoltando si fece più interessato anche se dubbioso.
Si era alzato un leggero venticello, il cielo era limpido anche se si potevano vedere solo una manciata di stelle a causa del forte inquinamento luminoso di Roma e dalla presenza della luna crescente. Da quel punto dell’altare della patria si poteva vedere benissimo tutta la gente stipata in piazza Venezia e crollata a terra a causa della stanchezza. Girando un po’ lo sguardo verso destra invece si poteva intravedere il gran numero di persone che si erano invece sistemate nella via dei fori imperiali.
Lo sguardo di Raffaele si voltò verso l’alto puntando lo sguardo verso la luna e facendo un lungo sospiro prima di riprendere a parlare.
“Vedi Ma…” Si interruppe un attimo come se fosse indeciso sul nome del suo interlocutore e poi riprese.
“Vedi Marco non l’ho mai raccontata a nessuno perché non avevo mai dato realmente peso a quell’incontro, tanto che lo avevo rimosso e solo l’altro giorno mi sono ritornate in mente le esatte parole di quell’uomo.”
Lo sguardo di Massimoo si fece ancora più interessato e questo fece fare un breve sorriso a Raffaele che aveva ribassato lo sguardo proprio per cercare reazioni nel suo interlocutore.
“Quando avevo quasi 24 anni andai da solo a Firenze a trovare una ragazza che avevo conosciuto su internet. Fu la prima volta che lo feci e a dire il vero anche l’ultima. Comunque mi misi ad aspettarla il piazza della signoria sul lato destro della riproduzione della statua del David di Michelangelo. L’appuntamento era per le 11 del mattino ma io arrivai quasi una mezzora prima. Mentre aspettavo mi misi a guardare tutta la gente attorno a me, i turisti con i loro chiassosi bambini, gli studenti che non erano andati a lezione e che bighellonavano nella piazzetta, gli anziani che si ritrovavano per parlare come se non si vedessero da anni e poi lo sguardo mi cadde su di un uomo. Un signore sui quarant’anni o poco più, con i capelli di un biondo scuro e un fisico tonico e non esageratamente massiccio, stava seduto nei tavolini di un ristorante di fronte a me e all’angolo tra una via e la piazza. Stava osservando tutta la gente che passava proprio come facevo io solo che era come se lo facesse in una maniera più approfondita, specifica e razionale. Non ti so dire come facessi a pensare quella cosa, ma era una sensazione che era dentro di me come una spia, un allarme. Quando non lo guardavo mi sentivo come scrutato, spiato e spesso di scatto mi voltai a guardarlo, ma non incrociai mai una sola volta il suo sguardo. Intanto erano arrivate le 11 e della ragazza ancora nulla, poi vennero le 11 e 20 ed io iniziavo a spazientirmi ma anche a preoccuparmi. Anche se inviavo dei messaggi al suo telefonino il mio rimaneva sempre muto. Nella mia attesa continuavo a guardarmi attorno ma più per cercare di svagare il mio cervello che per osservare come prima le persone che transitavano. Ormai esasperato verso le 12 decisi di andarmene ed ecco che quando alzai lo sguardo da terra, per un brevissimo istante il mio sguardo si incrociò con quello di quell’uomo.”
Raffaele interruppe un momento il suo discorso guardando Massimo con uno sguardo interrogativo, come se si aspettasse una domanda da parte sua.
“Prego prosegui Raffaele.”
“Si scusa è che mi aspettavo mi facessi una domanda.”
“Intendi sulla ragazza che stavi aspettando? Mi pare ovvio che non centri con il racconto che probabilmente tu nemmeno avrai più sentito, visto o letto, visto il modo con cui ti ha trattato.”
Raffaele rimase molto stupito dalla pronta reazione di Massimo e dopo pochi istanti di silenzio riprese a parlare.
“Si esatto è così. Mi sa che è vero quello che mi dicono. Penso troppo come una ragazza in questi frangenti pseudo romantici.”
A quella frase un grande sorriso si stampò sulla faccia di Massimo.
“Comunque ritornando al racconto, quando incrociai lo sguardo con quell’uomo quasi trasalii come se mi fosse mancata la terra sotto i piedi. A quel punto, non so perché lo feci, ma facendo un giro un po’ più largo verso destra e senza toglierli lo sguardo di dosso mi avvicinai a quell’uomo. Quando fui abbastanza vicino e dopo aver preso un po’ di coraggio gli rivolsi la parola dicendo probabilmente la cosa più stupida e ovvia che potessi: «Ma lei perché mi stava guardando?» Lui lentamente si voltò con una calma che non sembrava nemmeno essersi sorpreso o spaventato della domanda. Il suo sguardo da così vicino era radioso e intenso e non potei che sentirmi quasi soggiogato da quello sguardo. Appena il nostro sguardo si incrociò mi rivolse la parola con un pacato: «Perché a me piace osservare le persone e tu non stavi facendo lo stesso?» Come c’era da aspettarsi mi aveva colto in fallo. Non riuscii a dire altro, mi sentivo in imbarazzo e lui dopo pochi istanti riprese a parlarmi. «Sono veramente poche le persone che si fermano a parlare con me per loro iniziativa e non interpellate prima da me, anzi ora che ci penso tu sei la prima da molti, moltissimi anni. Come ti chiami?» Mi sentivo veramente molto in soggezione davanti a quell’uomo ma le parole iniziarono ad uscirmi da sole e nel giusto ordine: «Mi chiamo Raffaele e lei?» Mi fece un grande sorriso che emanava un calore che raramente ho provato. «Il mio nome…» Si soffermò un attimo pensieroso come se la domanda fosse alquanto difficile. «A dire il vero mi chiamano con così tanti nomi che non penso abbia più rilevanza. Comunque siediti e sarò felice di parlare un po’ con te.» Ero veramente incuriosito e affascinato da quell’uomo e dopo essermi seduto feci subito la prima domanda. «Che cosa ci trova nell’osservare le persone?» Lui sorrise. «Direi lo stesso che ci vedi tu. Delle possibilità.» Come facesse a sapere che pensavo esattamentequello non lo sapevo, però ci aveva preso. «Ma adesso dimmi tu una cosa. Come mai sei venuto fin qui per incontrare una persona che non conosci?» Rimasi interdetto perché ancora una volta ci aveva preso su tutta la linea. «Mah… Perché credo di sperare sempre che le persone siano migliori.» Risposi il più direttamente possibile. Lui mi guardò con aria soddisfatta. «Tu conosci già la risposta alla mia prossima domanda?» Come mai avrei potuto sapere la risposta ad una domanda mai posta. Eppure risposi senza esitazione. «Perché credo che noi in fin dei conti siamo un tutto e farsi del male vuole dire farlo a se stessi. Siamo migliori di come appariamo, ma dobbiamo crederci e volerlo.» La sua faccia per un istante divenne raggiante. «Incredibile! Non pensavo di trovare proprio qui e oggi una persona come te. Quasi non ci speravo più. Allora devo proprio dirti una cosa. Ne va della nostra stessa speranza in questo luogo.» Io divenni angosciato a sentire quelle parole, come se un grande peso mi stesse scendendo addosso. Però allo stesso tempo non volevo fare nulla per evitarlo. Sentivo che doveva fare parte di me.”
“Raffaele, tu non sai quanto io ti capisca. Sentirsi di dover far qualcosa solo perché si è se stessi e non perché lo si voglia veramente fare.
A quel punto Raffaele prese la mano di Massimo la strinse forte e gli rispose. “Non si tratta di volerlo fare, si tratta di sapere che nessun altro potrebbe accollarsi quel peso e portarlo avanti il tempo sufficiente perché un altro come lui o forse meglio, possa prendere il suo posto. Guardati bene dentro e non cercare di non vedere quello che ti è davanti. Quell’uomo mi ha aperto gli occhi ed io non potrò che ringraziarlo per sempre.” Il viso di Raffaele era visibilmente emozionato ripensando a quei momenti.
“Ma allora Raffaele alla fine cosa ti ha detto poi quell’uomo?”
“Mi disse: «Un giorno Raffaele vedrai che ti ritroverai in un qualcosa che ti sembrerà immensamente più grande di te. Estremamente impossibile e assurdo. Bene Raffaele tu non ti dovrai preoccuparti, potrai farcela, potrai fare quello che per altri sembrerà impossibile e irrazionale. Devi solo crederci e prepararti con tutto te stesso a quel giorno.» Rimasi impietrito davanti a quelle parole, come se avessero smosso proprio qualcosa che sapevo essere lì da così tanto tempo che nemmeno più notavo. Quando mi ripresi l’uomo si era alzato ed era andato via. Mi alzai andando a provare di cercarlo finché non lo intravidi svoltare per un vicolo. Gli corsi dietro ma quando svoltai l’angolo del vicolo non c’era più nessuno. Il fatto poi che il vicolo fosse cieco e privo di porte, finestre senza inferiate e altri possibili passaggi mi fece dubitare di aver visto quello che credevo di aver visto. Anche il fatto che nessun cameriere di quel bar si fosse avvicinato a noi per chiederci che volevamo poi mi aveva lasciato alquanto interdetto.”
“Grazie Raffaele.” Disse Massimo visibilemente emozionato dopo aver ascoltato quelle parole.
“Bentornato padre. Oggi mi sembra di vederti più felice del solito.” Disse all’uomo che fino a poco prima stava parlando con Raffaele.
“Si figlio, Oggi ho trovato un uomo che non incontravo da molto tempo. Forse qualcosa si sta finalmente muovendo.”
“Speriamo padre, ormai per te questa gente è diventata un’ossessione.”
Il padre si voltò verso il figlio guardandolo in modo accigliato. “Scusa ma non eri tu quello che ha fatto quel casino proprio interagendo con loro? Ti sei pure finto morto. Se non erro sono passati tantissimi anni e li ha condizionati parecchio in un modo che non ho particolarmente gradito.”
Il figlio abbassò il capo in segno di rammarico. “Lo sai che mi spiace, allora ero troppo giovane e avventato, pensavo fosse tutto un gioco. Per questo sono qui a darti una mano.”
Il padre guardò il figlio con un’aria serena e contenta. “Non ti preoccupare lo so benissimo e ti ringrazio. Oggi possiamo dire di aver però rimesso tutto forse in carreggiata. Penso che a breve potrebbero essere pronti per…”
Un forte allarme riecheggiò per tutta la nave. Lo schermo principale si accese mostrando una maestosa vista della terra e accendendo un indicatore in un punto dello spazio in cui non sembrava esserci nulla.
“Ingrandire!” Pronunciò preoccupato il padre.
L’immagine si ingrandì e venne mostrata a tutto schermo un’imponente astronave.
I due a quella vista trasalirono incredibilmente, come avessero visto il loro stesso fantasma che li fissava attraverso lo specchio.
“Miei Dei! No proprio loro e ora, no!” Urlò il padre contro lo schermo.
“Adesso cosa facciamo?” Chiese il figlio molto più che preoccupato.
“Quello che farebbe ogni essere sano di mente. Scappare!”
Il figlio guardò sbigottito il padre che stava già armeggiando con le strumentazioni. “Ma non possiamo abbandonarli così senza fare nulla.”
“Hai ragione figliolo ecco perché sto per scaricargli contro tutte le nostre armi. Se abbiamo fortuna e l’effetto sorpresa forse qualche serio danno possiamo farglielo. Però ora la nostra priorità è quella di scappare per andare a convincere l’Alto Consiglio ad intervenire ufficialmente.”
“Padre ma non è mai successo prima d’ora.”
“Lo so figliolo ma è l’ultima speranza che gli rimane. Che gli Dei ci aiutino.”