Django unchained

130217
Devo ammettere di essere rimasto più volte spiazzato da questo film di Tarantino. Tanto per iniziare per lunghi tratti non sembra nemmeno un suo film tanto è lento ed introspettivo, per poi ripiombare nelle ambientazioni che hanno reso famoso il regista.
Frasi epiche, un cast fenomenale e citazioni dai classici western fanno di questo film un vero e proprio omaggio al cinema italiano che fu. Si avete capito bene e i momenti più topici a mio avviso sono stati proprio quelli in cui viene richiamato direttamente il cinema italiano, prima con il cameo di Franco Nero che da uno spessore alla scena incredibile rispetto a tutto il resto del film, quasi da brividi i suoi sguardi e frasi, poi quando parte la canzone di Trinità (si si il capolavoro con Bud Spencer e Terenc Hill) e seguono le classiche mosse di corteggiameto a cavallo sembra non solo che Tarantino omaggi quel cinema italiano ma che gli dia un peso culturale per l’intera società.
Fatta questa premessa il film risulta divertente, inaspettato e di uno splatter ben congeniato da non sembrare mai eccessivo se non quando deve far ridere.
L’unica nota negativa del film è proprio la lentezza in più tratti che rischia di far addormentare, in tutti i sensi lo spettatore ma che rispecchia i campi lunghi del cinema western che fu, le frasi dette e non dette e le immagini che parlano più delle parole. Tutto questo certamente adatto ad un pubblico di 30-40 anni fa ma non certamente al nostro e che rischia di annoiarlo e di non essere percepito come omaggio.
La frase chiave del film è ovviamente “La D è muta, bifolco!” e che rimane nello spettatore quasi come monito e divertimento stesso.
Di questo film non c’è altro da dire a mio avviso poiché ogni parola risulta inferiore al vederlo direttamente con i propri occhi. Anche questa volta Tarantino è riuscito a creare qualcosa di unico, forse perché a lui è permesso sperimentare, e a darsi una degna fine nel suo cameo.