Che domanda idiota la mia, ovviamente avevano già pensato a tutto quelli dell’organizzazione.
Nell’armadio c’era una tuta nera con solo un piccolo simbolo ricamato sul petto, era quel triangolo con quegli strani simboli dentro, sembrava mi stesse perseguitando.
Il Tenente Corvini sembrava alquanto impaziente di iniziare il giro, quindi era meglio sbrigarsi.
Quello che vidi uscito dalla porta della mia camera mi colse totalmente alla sprovvista.
L’edificio in cui ero alloggiato praticamente non aveva nulla di diverso da un normale edificio.
Ero alloggiato nell’area medica, ma il resto dell’edificio era pieno di uffici amministrativi, di ricercatori, aree di disimpegno e tutto quello che si può trovare in un edificio di quello che potrebbe essere un immenso centro polifunzionale autosufficiente per persone con un quoziente intellettivo molto alto.
Corvini mi spiegava sempre tutto di ogni parte che visitavamo, ma io ero perso, non mi interessava.
Quello a cui stavo pensando era solo una cosa.
Scappare!
Si, stavo meditando la fuga poiché nessuna delle due opzioni proposte mi poteva interessare, volevo la mia vita come uomo libero ma senza minacce.
Continuavamo a girare e io mi guardavo attorno alla ricerca di qualcosa che potesse poi tornarmi utile, ma nulla e per di più eravamo al lato nord del gran sasso, vicino a Tivo, ma non troppo.
Una bella zona per nascondersi, ma con l’autostrada relativamente lontano, offriva certamente poche via di fuga rapide per far perdere subito le tracce.
Prima di allora non mi ero mai ritrovato a pensare concretamente a certe cose, se non nelle mie fantasie di adolescente che ha visto troppi film polizieschi, di guerra e di spionaggio, eppure mi sembrava così normale che era come fosse una mia caratteristica fondamentale.
Alla fine uscimmo dall’edificio e iniziammo a dirigerci verso una galleria artificiale scavata dentro il gran sasso.
Sembrava tanto una di quelle grandi rifugi/basi militari americane che si vedevano nei film di guerra del periodo della guerra fredda, ma il cartello che vidi mi fece porre una domanda praticamente senza rendermene nemmeno conto.
“Ma nel gran sasso, non dovrebbe esserci il centro di ricerca di fisica nucleare italiano?”
Corvini mi guardò perplesso, poi sorrise e praticamente mi stroncò le gambe con una sola frase.
“Allora avevo notato bene, non mi hai praticamente ascoltato in quest’ultima ora abbondante.”
Sentii come il sangue gelarmi nelle vene e mi resi conto che in quel momento, assorto nei miei pensieri di fuga, avevo fatto un grandissimo errore, mi ero esposto tantissimo a chi mi osservava.
Ormai non potevo più fare nulla per evitare la cosa, se non far finta di nulla e mostrarmi un po’ più interessato, ma osservare tutto e pianificare una fuga tentando anche di seguire una discussione che parla di tutt’altro non era certo un’impresa facile, ma forse era proprio quello che loro volevano.
All’inizio pensavo che fosse fin troppo freddo e umido l’interno del tunnel, ma già dal primo livello capii subito quanto in realtà mi sbagliassi, era tutto climatizzato.
Corvini iniziò a spiegarmi quello a cui serviva il tunnel nel gran sasso e tutti i livelli sotterranei che si stavamo apprestando a visitare, uno riguardava un esperimento di fisica elementare delle particelle di cui avevo sentito parlare forse in Super Quark, quindi non era un centro così riservato e sconosciuto.
I livelli erano tanti e scendevano almeno per 200m dentro la terra, per non parlare poi di quelli superiori, proprio dentro il massiccio del gran sasso.
Camminando per il centro e il tunnel non potei però non notare che tutti salutavano Corvini, lo conoscevano e i membri della sicurezza interna, fin troppo numerosi, lo salutavano come quasi fosse un loro superiore, anche se in realtà era praticamente in abiti civili e non da militare, ma forse non era un militare nel senso stretto del termine.
Invece tutti guardavano me con fare incurante, sebbene fossero colpiti dalla mia tuta.
Man mano che scendevamo di livello iniziavo a vedere sempre più persone con camici, maglie o tute con il mio stesso simbolo.
Le attività sembravano interessanti, ma non così segrete e stavo iniziando a pensare, o sperare, che tutto fosse sostanzialmente una bufala, almeno finché non Corvini non mi disse una frase che mi fece crollare la speranza.
“Fino ad ora hai visto strutture di sicurezza di livello epsilon e delta. Ora è il momento di passare al livello gamma come ha chiesto il maggiore.”
Girato l’angolo, dietro ad un tunnel apparentemente buio si rivelò invece una delle più strane e probabilmente sicure strutture che pensavo il mio occhio potesse vedere.
Una porta stagna a forma di triangolo equilatero con gli stessi tratti del solito simbolo che mi stava perseguitando, così una domanda mi usci dalla bocca di getto.
“Ma che diamine è quel simbolo?!”
Ancora una volta Corvini mi guardò, sorrise e sebbene un titubante mi rispose: “Per saperlo serve un’autorizzazione gamma e tu ce l’hai, però dovrai attendere di aver varcato quella soglia, qui non sono autorizzato a parlarne.”