Erano passati solo pochi giorni da quando mi ero risvegliato nel centro dopo l’avventura tibetana, eppure mi parevano trascorsi già interi mesi da quei momenti.
Forse era perché la mia giornata tipo era assolutamente distruttiva e comprendeva 9 ore di attività fisica, tra corsa, palestra, piscina e arti marziali più almeno 3 ore aggiuntive di test medici e sedute nel dockingmind.
Non avevo tempo per nessuno, se non per qualche pasto assieme Franco Sgarzi che era praticamente l’unico del centro a mangiare nei miei stessi orari.
Gli altri ragazzi e Fulvio prorio non riuscivo mai a vederli se non di sfuggita, sembrava me li tenessero quasi lontano e io iniziavo ad alterarmi.
Il dottor Gervasi o uno dei suoi assistenti mi teneva sempre sotto stretto controllo, con test all’inizio e alla fine di ogni esercizio.
Mi sentivo quasi come una cavia da laboratorio.
I miei sogni la notte erano confusi o spesso vuoti e stranamente l’unica cosa che mi tranquillizava un po’ era vedermi arrivare a vedere Dig durante taluni esercizi all’aperto.
Dig stava quasi sempre solo sul gran sasso ancora nell’area protetta del centro, senza allontanarsi troppo o avvicinarsi troppo, almeno questo era quello che Sgarzi mi riferiva ogni tanto a pranzo.
I pasti col dottore erano sempre strani, un po’ surreali e fuori dal mondo, si parlava di tutto e di nulla, mi raccontava di alcune cose che aveva sentito nel centro, come che tutti parlavano di Dig, di me o del nuovo assetto in cui tutti si sentivano meno a loro agio e fortemente più insicuri.
La sicurezza era veramente insopportabile con l’esercito italiano che continuava a presidiare la zona e controllava a campione persone, stanze e cose.
Io stranamente sembravo quasi essere risparmiato, ma forse non volontariamente, è che proprio in quel periodo passavo molto inosservato, quasi fossi un fantasma che passeggiava per il centro e solo per il fatto che c’era sempre uno del centro a farmi da scorta mi ricordavo di non essere proprio così dimenticato.
“Raffaele, allora che ne pensi di questa idea?”
Che diamine sto facendo, io, come posso affrontare una cosa del genere.
Ok per gli interventi politici, la mia disponibilità a forum di discussione in università, ma adesso arrivare a preparare un vero e proprio spettacolo di piazza con una persona come Daniele Grillini…
Posso veramente fare una cosa del genere?
Accettare di avere una responsabilità così grande di fronte a giornali, tv e probabilmente migliaia persone comuni?
Cioè, in fin dei conti sono una persona come tante, che diritto ho di poter esprimere le mie idee sfruttando un peso mediatico così grande.
Il “gioco” del blog per riabilitare Max è stato comunque una cosa di nicchia, qui si rischia di fare il botto e io sarei in grado di reggere tutto il peso della responsabilità che deriva da una tale visibilità?
Non sono mica un politico, sono una pesona come tante che vuole solo poter dire la sua.
“Raffaele? Sei ancora lì al telefono?”
“Si Daniele, scusa, sono ancora qui.”
“Allora che mi dici?”
“Che ci devo pensare, mi sembra una cosa molto più grossa di me e dei miei ragazzi.”
“Si effettivamente può sembrare molto grossa, ma non abbatterti e poi c’è ancora tempo per pianificarla bene. Stiamo solo buttando giù una prima bozza per vedere e tastare il terreno.”
“Ok. Ti ringrazio per l’offerta e stai sicuro che ne parlerò subito con gli altri ragazzi.”