“Stai calmo per piacere! Stavi per morire dovevamo fare qualcosa!”
La voce del maggiore risuonò perentoria all’interno del docking mind.
“Non è comunque una buona ragione. Stavo per liberare tutti da qualcosa di odioso, anche se non so cosa e voi me lo avete impedito. Non so se ci sarà un’altra occasione così facile.”
La mia determinazione e incavolatura la si poteva leggere tranquillamente dal mio volto e tutti gli altri entrati nella stanza non osavano dire nulla.
Il dottore intanto era già all’opera per prelevarmi campioni di sangue da esaminare.
“Quindi la prossima volta dovremo lasciarti morire?”
“Se sarà necessario si.”
Il silenzio nella stanza diventò ancora più profondo.
“Ora presumo di aver terminato il mio corso. Qui per me non c’è più nulla da fare. Domani mattina lascerò il Centro e non ho più intenzione di sentirvi per lungo tempo.”
La faccia del dottore era allibita, sconcertata.
“Ma non puoi andare via ora, dobbiamo fare altri test, verifiche, ne va della tua stessa salute.”
“Non vorrà mica cambiare i nostri accordi vero maggiore?”
Il dottore si voltà preoccupato verso il maggiore che altrettanto preoccupato non poteva non rispondere a quella domanda.
“No, se domani vuoi andartene fai pure. Noi manteniamo la nostra parola.”
“Dottore, ha finito con i suoi esami? Vorrei andare a prepararmi per l’asciare il Centro.”
Il dottore non rispose nemmeno, annuì e basta.
“Le consiglierei anche di dare un’occhiata a STE, perché non so cosa possa esserci rimasto.
Mi allontanai dal docking mind senza aggiungere parola in un silenzio surreale.
Non potevo credere di aver reagito a quel modo addirittura per qualcosa che non avevo ben capito nemmeno io, eppure sapevo che quello che stavo per fare era giusto e quell’occasione di eliminare quella cosa, qualsiasi cosa fosse, non si sarebbe presentata ancora tanto presto.
Come facevo però ad essere così tanto sicuro di tutto questo?
Non lo sapevo per certo, ma era solo una fortissima sensazione che sentivo dentro, come se dentro di me ci fosse un ricordo atavico che non mi apparteneva del tutto ma che potevo ricordare e fare mio.
A dire il vero non avevo poi tanto da preparare e in poco tempo avevo già tutto pronto, solo qualche vestito e i due libri che dovevo ancora finire di interpretare e comprendere.
Andai a mangiare giù nella mensa comune, dove mangiai da solo finché non arrivò Luca, il più giovane e impacciato tra i ragazzi, a cercarmi, voleva sapere come era andato il mio esame e se sarebbe stato difficile per lui.
Gli dissi che non era poi così tanto difficile, bastava solo impegnarsi e rimanere concentrati, il resto sarebbe venuto da solo.
Non gli dissi nulla sulla mia partenza del giorno dopo e rifiutai anche un suo invito a raggiungere gli altri che si sarebbero trovati di lì a poco nelle aree ricreative.
Passai il resto della serata a guardare il paesaggio fuori dalla finestra della mia stanza, come se volessi imprimermi quella vista nella mia mente per non dimenticare ugualmente quello che mi era passato in quell’anno al Centro che ne era valsi almeno 6 o 7 all’esterno.
Quella notte dormii veramente bene, rilassato e tranquillo come se nulla di strano fosse accaduto il giorno prima o come se l’incognita di quello che avrei fatto il giorno dopo non si fosse ancora paventata.
La mattina appena usii dalla porta della mia stanza con la mia roba il tenente con faccia molto buia e di poche parole mi accompagnò dal maggiore.
“Io ti ho dato la mia parola e non intendo rimangiarmela. Ti chiedo soltanto di ripensarci.”
“Ho fatto tutto quello che avevate richiesto, ora sento di avere altro da fare.”
“Va bene. Ecco il tuo kit d’uscita. Questo è un cellulare che potrai usare per contattarci o che noi potremmo usare per chiamarti.”
“Non credo che lo userò, potete tenerlo.”
Il Maggiore fece finta di non sentirmi e lo rimise assieme al resto.
“Queste sono le chiavi della tua macchina e queste della tua moto, le troverai in un garage nella periferia di Bologna. Questa invece è la tua carta di credito per le spese ed è legata al tuo conto corrente. Avrai un fondo iniziale di 35mila euro che aumenterà di 5mila ogni mese. Speriamo che basti.”
“Vi ringrazio, ma penso che possano bastare 10mila euro e per farmi ingranare e sistemare, per il resto fate come volete.”
“Tutto questo fa parte dell’accordo, tu poi fanne quello che vuoi. Per finire alla tua famiglia stiamo già dando una assicurazione, abbiamo detto che l’avevi stipulata senza dirgli nulla, mensile di 7mila euro per i prossimi 20anni. Spero che possa bastare.”
Il mio avviso in quel momento si rasserenò un attimo.
“Ovviamente mettendomi come divieto quello di rientrare in qualsiasi forma nella loro vita.”
“Si, altrimenti tutto decadrà e potrebbero generarsi spiacevoli grattacapi per tutti. Ora il dottore vorrebbe farti gli ultimi esami.”
La tensione e la frustrazione di molti era palpabile.
Acconsentii agli ultimi veloci esami e mi avviai verso l’uscita del Centro.
Nessuno c’era a salutarmi, perché nessuno lo sapeva ne tra i ragazzi ne Sgarzi, solo Dig invece era lì sbuffante come se avesse avesse saputo già da tempo che me ne sarei andato.
“Dig, fai il bravo e fidati che tornerò a prenderti.”
“Aspetterò…”
Ogni tanto lo potevo proprio sentir parlare. Un’ultima carezza e poi via assieme al tenente che aveva l’ordine di portarmi fino alla stazione dei treni dell’Aquila.
Tutto stava per ricominciare da zero, ma ormai ci stavo facendo l’abitudine.