Non erano nemmeno passate le tre del pomeriggio che Vittorio era già di ritorno al suo posto privilegiato. La panchina sembrava quasi attendesse il suo ospite prediletto. Vittorio si sedette e ricominciò come la mattina a guardare il mondo che gli passava davanti, le macchine che transitavano, la gente che si muoveva frenetica da una parte all’altra, i muratori che continuavano imperterriti a costruire su quello che fino a pochi mesi prima era un parco e i ragazzi che iniziavano ad uscire di casa dopo la mattinata di scuola.
Il tempo scorreva tranquillo e metodico mentre Vittorio passava il suo tempo ad osservare la gente, finché Vittorio non si soffermò su due ragazzi che gli stavano venendo incontro percorrendo il vialetto davanti alla panchina. I due ragazzi erano quasi passati oltre di lui quando uno dei due si voltò verso Vittorio e lo salutò. Vittorio rimase interdetto, non si ricordava di quel giovincello con ancora pochi peli sulla faccia.
“Lei è Vittorio? Io sono il nipote di Luigi.”
A quelle parole Vittorio si alzò quasi di scatto verso il ragazzo per stringergli la mano.
“Ma sai che non ti avevo proprio riconosciuto, sei cresciuto veramente tanto. Ora sei proprio un ragazzo. Mi spiace per tuo nonno.”
Con quell’ultima frase la faccia di Vittorio si era notevolmente rattristata.
“Purtoppo sono cose che capitano.” Si sbrigò a dire il ragazzo. “Non stava bene ormai da anni e sinceramente forse ora è più sereno.”
“In fin dei conti tutti abbiamo da morire prima o poi, è il nostro destino. Ma voi ragazzi ne avete ancora di anni davanti, non come me che son già vecchio da molto. Ora però non voglio più rubarvi tempo, andate pure a divertirvi.”
Dopo un breve saluto i due ragazzi ripresero la loro strada e si misero a parlottare fra loro.
“Ma coma fai a conoscere quel vecchio?”
“Si tratta di un amico di mio nonno e mi ricordo ancora quando da bambino mio nonno ed io uscivamo e lui mi portava qui dove c’erano tutti i suoi amici che ridevano, parlavano e scherzavano tutto il giorno, erano neo pensionati ed erano simpaticissimi, poi mi facevano un sacco di feste. Ora credo che a parte quel signore che vedo lì quasi tutti i giorni da solo da mesi, tutti gli altri o sono morti come mio nonno oppure non sono più in grado di uscire di casa. Non so perché ma mi dispiace vederlo lì tutto solo e salutarlo mi sembra anche un bel modo per dirgli grazie.”
“Si si va bene, ora smettila di dire ste cavolate e troviamo un posto più lugato che ho questo tocco di fumo e vorrei fumarmelo per bene.”
Intanto Vittorio si era nuovamente seduto ed era ritornato a guardare il mondo che gli scorreva davanti mentre lui era lì seduto sulla panchina.
Un signore attirò ad un certo punto la sua attenzione, aveva un telefonino e continuava a sbraitare e camminare avanti e indietro lungo il marciapiede poco distante. Vittorio non poté che essere scocciato di quell’atteggiamento anche se un po’ lo invidiava perché lui aveva sempre con se il suo telefonino, gli era stato regalato dalla figlia qualche anno prima, solo che lui proprio non sapeva usarlo minimamente così se lo portava dietro senza usarlo o capire che lo stavano cercando.
Il sole stava calando, le giornate non erano ancora così lunghe, ma i suoi raggi ora bassi penetravano molto meglio e lo investivano ancora con il loro calore rinvigorente, così Vittorio chiuse gli occhi per godersi quegli attimi di rilassatezza.
Ormai era quasi buio quando un signore sui sessanta si sedette alla stessa panchina di Vittorio guardando il cantiere davanti a lui.
“Certo che questi muratori moderni lavorano proprio in tutte le condizioni, anche al buio.”
In signore di voltò verso Vittorio ma non ricevette alcuna risposta, sospirò contrariato e si rimise a guardare il cantiere che progrediva illuminato dalle luci artificiali. Il signore stava quasi per andarsene quando gli attirò l’attenzione il suono del telefonino di Vittorio che squillava.
“Signore guardi che è il suo telefonino a suonare.”
Nel dire quella frase allungo una mano sulla spalla di Vittorio come per dargli una scrollatina nel caso si fosse addormentato o fosse assorto nei suoi pensieri.
Il corpo di Vittorio iniziò ad ondeggiare finché la gravità non ebbe la meglio facendolo scivolare di lato e poi per terra come un sacco di patate.
Ormai il sole era completamente tramontato, il cellulare continuava a suonare impaziente di una risposta, ma quella era la giornata di Vittorio e della sua panchina…