La passerella era piena di gente e pensare che era poco più dell’alba, l’aria era fresca ma l’odore era pessimo, si sentiva proprio che eravamo in una grande città .
Ogni città ha il suo odore caratteristico, ma la mia prima “annusata” riportava solo pulviscolo di acciaio dei freni e tanto, ma tanto smog che mi faceva già rimpiangere l’aria pulita della campagna a cui ero abituato.
La gente aveva tutta fretta e quindi fortunatamente non badava molto al prossimo e io passavo tutto sommato inosservato.
L’unica cosa che in quel momento mi faceva sorridere, perché ero stanco, teso e soprattutto impaurito, era il bellissimo accento romano che è un biglietto da visita incredibile per la nostra capitale, inconfondibile e inimitabile con una sua melodia tutta particolare non può che metterti di buon umore.
La stazione era veramente immensa, fatta su più livelli e con uno stile che muta dal più classico periodo fascista a quello futurista post bellico.
Mi resi conto poco dopo che stavo vagando dentro quell’immensa stazione praticamente senza meta e con poliziotti ovunque il panico mi colse con un groppo alla gola.
Ora che avrei dovuto fare?
Dovevo decidermi non potevo stare lì in eterno, mi avrebbero trovato subito e avevo già fatto tanta strada, dovevo focalizzare la mia prossima mossa.
La stanchezza la faceva da padrone, praticamente non avevo dormito la notte e dovevo trovare un posto sicuro per riposarmi, ma quale?
L’unica risposta fu l’hotel consigliatomi da Arturo, se così si chiamava.
Francamente non sapevo proprio come fidarmi visto quello che era successo sul treno.
Eppure qualcosa, forse l’ansia o la stanchezza, mi spingeva a sfruttare quell’informazione.
Mi diressi all’edicola nel livello interrato al fianco dei bagni pubblici e mi comportai come un normalissimo turista.
“Scusi, vorrei una cartina di Roma e magari potrebbe anche darmi un’informazione?”
Dopo poco ero già in marcia verso l’hotel che fortunatamente non era troppo distante dalla stazione termini.
Definirlo hotel forse era troppo visto lo stato dello stabile e l’accoglienza che subii.
“Mi scusi, vorrei una stanza.”
Il signore sulla cinquantina era preso a guardare la tv, praticamente non mi guardò nemmeno, prese una chiave e un foglio li appoggiò sul bancone e mi parlò in maniera burbera e frettolosa.
“Firma qui e questa è la tua stanza, vedi di non fare casino altrimenti ti sbatto fuori.”
Mi hanno dato una stanza senza troppe domande e senza chiedermi documenti in fin dei conti era quello che più mi interessava.
La camera non era un gran ché, piccola ma con un letto, tv e bagno in camera.
Mi lavai la faccia per cercare di riprendermi e poi mi sdraiai un attimo sul letto, ma Morfeo esigeva la mia attenzione e quell’attimo si trasformò ben presto in qualche ora.
Odio il suono del telefono e soprattutto odio parlare in un luogo chiuso come una la macchina con altre persone che mi ascoltano.
Eppure non se ne può più fare a meno, il cellulare nel mio lavoro è assolutamente indispensabile.
“Buon giorno ispettore. Non siamo riusciti a rintracciare il ragazzo dentro la stazione Termini, probabilmente è riuscito ad andarsene prima del nostro intervento.”
“Malissimo! La prego di iniziare ad esaminare le registrazioni delle telecamere di sorveglianza, voglio sapere tutto quello che ha fatto il ragazzo, con chi ha parlato e dove si è diretto.”
“Ma ci vorrà qualche ora.”
“Non mi interessa quanto ci vorrà , iniziate subito, dobbiamo trovare quel ragazzo.”
Il mio povero cuore non mi da tregua nemmeno ora e sta ricomindo a battere troppo forte, devo stare calmo e rilassato.